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‘Un menu molto particolare …’

Anticipazioni e riflessioni sulla nuova carta autunnale del ristorante La Fornace di San Vittore Olona.  Dialogo intervista con Vincenzo Marconi e Luigino Poli.

Ci sono luoghi che ci riportano con la memoria verso mondi di favola. Uno di questi luoghi è senza dubbio la cascina Pietrasanta al civico 8 di Strada Della Valle al Ponte Vecchio, frazione di Magenta. Siamo all’interno del parco agricolo del Ticino e la struttura realizzata nel 1723 per dimensioni ricorda un vero e proprio piccolo borgo rurale raccolto attorno alla sua Corte.

Il miracolo di questo posto speciale consiste nel fatto che ancora oggi – esattamente tre secoli dopo la sua costruzione – l’edificio non solo è in perfetto stato di conservazione ma è ancora adibito ad uso agricolo. Una rarità nella realtà di oggi dove questi grandi complessi rurali sono generalmente lasciati andare in rovina oppure – se situati in luoghi prossimi alla città – sono vittime degli appetiti dell’edilizia privata. 

La cascina Pietrasanta ha conservato tutto il suo fascino grazie al fatto che questa storica testimonianza dell’edilizia rurale lombarda è diventata da alcuni decenni la sede di una istituzione unica nel suo genere, la cooperativa agricola San Rocco che si occupa di raccogliere, acquistare, confezionare e commercializzare il prodotto di  una cinquantina, aziende agricole  radicate nella fertile pianura lombarda e milanese. Aziende che producono e conferiscono giornalmente latte,  carni, salumi, uova, miele. vino, birra, conserve, cereali (in particolare riso), verdure e altro ancora.

“Giuro che quando uno si trova in quel posto – la cascina Pietrasanta –   è tutto così perfetto che ti sembra di essere finito dentro alla pubblicità di una famosa marca di biscotti.” 

A fornire questa descrizione della cascina è lo chef Vincenzo Marconi che in questi giorni è tornato, insieme a Luigino Poli, a fare visita alla struttura e alla Cooperativa San Rocco con cui del resto, il Gruppo DOP (Poli Hotel, Ristorante la Fornace, Ristorante La Guardia), collabora da tempo con un obiettivo molto speciale. Si trattava di scegliere la materia prima che sarà protagonista del nuovo menù del ristorante La Fornace di San Vittore Olona, un menù per certi versi contemporaneamente rivoluzionario e irriverente perché la vera protagonista di questa nuova lista di piatti che chef Marconi sta preparando per il prossimo autunno sarà la carne di bovino.

Irriverente il nuovo menù di Chef Marconi lo è perché privilegia una materia prima considerata ‘fuori moda’ e questo richiede il coraggio tipico del Gruppo DOP che da sempre anticipa le cose invece di rincorrere le mode. Rivoluzionario lo è perché nei nuovi piatti non saranno protagonisti i soliti tagli ‘pregiati’ di carne proposti dalla nostra ristorazione, ma una selezione di tagli frutto della ricerca di una cucina più tecnica in grado di stupire con sapori e consistenze inattesi e di restituire ricordi e citazioni del passato.

Ma torniamo al racconto della visita in cascina dove lo chef ha potuto dialogare direttamente con il responsabile della struttura, Virginio Citelli, e confrontarsi con gli esperti che si occupano all’interno della Cooperativa San Rocco della macellazione e del taglio della carne dei capi conferiti dai soci allevatori. Dopo avere visionato gli animali alla fine la scelta è caduta sui vitelloni di razza Charolaise allevati a Cuggiono dall’azienda agricola Merlo gestita da due giovani che hanno da poco rilevato e rilanciato  l’azienda di famiglia.

Dunque in un mondo omologato dove tutti propongono e tutti chiedono solo il pesce, chef Marconi ha deciso invece di valorizzare la buona carne. Quella carne che è letteralmente scomparsa dalle nostre tavole (anche in quelle di casa) negli ultimi decenni, scalzata dall’arrivo della moda delle bistecche, dei filetti, delle fettine e di tutti quei tagli che hanno come caratteristica l’assenza di grasso e richiedono solo di pochi minuti per la cottura.

La tipologia di carne che lo chef del Ristorante La Fornace è andato a ricercare alla cascina Pietrasanta per il suo nuovo menu  è una carne che nella sua struttura deve consentire di valorizzare al meglio le tecniche di cottura lente che appartengono alla storia della cucina lombarda e che sono in sintonia con la scelta di una cucina che si poggia fondamentalmente su tre capisaldi: il territorio, l’esperienza e il tempo. Una cucina la cui filosofia è perfettamente sintetizzata dall’acronimo  “Calm” (Cucina A Lunga Memoria). 

“Abbiamo fatto – ricorda Luigino Poli (General manager del Gruppo DOP) –  un ragionamento sulla struttura della carne, sui tagli da eseguire, che devono essere un po’ particolari. Quindi abbiamo scelto di lavorare solo l’anteriore dell’animale perché consente di ottenere tagli che hanno al loro interno un giusto equilibrio tra venature di grasso e la parte di carne. Queste carni però – prosegue Poli – possono essere valorizzate solo attraverso tecniche di cottura che richiedono, per essere eseguite alla perfezione, capacità tecnica ed esperienza che solo grandi Chef come Vincenzo possono avere.”

“Oggi – incalza Marconi –  nella ristorazione il mercato della carne è troppo standardizzato. Per questo abbiamo scelto di utilizzare un prodotto di qualità che viene dal nostro territorio con caratteristiche specifiche. Carne di qualità oggi se ne trova molta –  non è quello il problema – ma noi volevamo rimanere coerenti con la nostra filosofia di cucina e quindi abbiamo cercato un prodotto legato al nostro territorio. Un prodotto che  come gusto, consistenza e caratteristiche fosse il più possibile simile alle carni prodotte nelle piccole stalle  di cascina di un tempo.

Conosciamo molto bene il modo in cui lavora la Cooperativa San Rocco in particolare per quanto riguarda il rigoroso protocollo alimentare previsto  per gli animali che possono essere nutriti esclusivamente con fieno, paglia e cereali prodotti all’interno delle stesse aziende. Sappiamo dei controlli veterinari settimanali che vengono effettuati per testare la salubrità delle carni, dei controlli sulle stalle e sul rispetto rigoroso delle normative europee.

Ma detto tutto questo c’è un elemento in più che ci ha portato a scegliere questo fornitore con il quale sostanzialmente non abbiamo mai interrotto i nostri rapporti, il fatto che la Cooperativa San Rocco si occupa direttamente anche della macellazione e del taglio delle carni.”

“Stiamo facendo con la carne – ribadisce Luigino Poli – quello che fanno i migliori ristoranti di pesce che hanno tutti il loro pescatore di fiducia. Ecco noi abbiamo il nostro macellaio personale. Scegliamo gli animali più adatti alle nostre esigenze, sappiamo perfettamente come e dove sono stati allevati  e poi abbiamo un rapporto particolare con i maestri macellai  e ci facciamo confezionare i diversi tagli in base alle nostre specifiche esigenze.”

“Insomma – prosegue Marconi – siamo accontentati con un’attenzione praticamente sartoriale, come è accaduto per esempio l’altro giorno quando abbiamo ricevuto la prenotazione di un nostro cliente abituale che va pazzo per un taglio di carne molto particolare, quello che in Argentina viene chiamato matahambre (ammazza fame) dato che in quel Paese viene servito a mo’ di pizza come cibo di strada appunto per ‘ammazzare la fame’. E’ un taglio che di solito  nessuna macelleria è abituata a preparare ma a noi è bastata una semplice telefonata e una veloce spiegazione e la San Rocco ci ha fornito il pezzo giusto in tempo per poter soddisfare il nostro cliente.”

E’ chiaro – naturalmente – che non è possibile fare così con tutti i clienti ma questo episodio è emblematico di un rapporto speciale – direi esclusivo – che si è instaurato tra il fornitore (allevatore e macellaio) e il ristorante La Fornace. Un rapporto speciale che viene ribadito anche dal responsabile della Cooperativa San Rocco Virginio Citelli, che definisce lo chef Marconi un “cliente speciale” perché con la sua cucina riesce a valorizzare al meglio le carni prodotte dalla Cooperativa. “Noi della Cooperativa San Rocco – ci ricorda Citelli – di solito non vendiamo il nostro prodotto direttamente alla ristorazione. Non abbiamo nessun interesse a rifornire con la nostra carne ristoranti che non sono in grado di valorizzare la nostra carne, ma con lo chef Marconi e il Gruppo DOP il discorso è diverso. Non solo consideriamo lo Chef Marconi uno dei migliori ambasciatori del nostro prodotto, ma grazie alla sua grande esperienza maturata in una vita trascorsa nelle cucine di mezzo mondo e agli stimoli della Visione DOP – come ama definirla Luigino Poli – relazionarci con loro per noi è anche l’occasione per imparare cose nuove.” 

Attendiamo quindi con pazienza (mentre nel frattempo le carni del nostro vitellone arrivano alla giusta frollatura) che il nuovo menu del ristorante La Fornace veda la luce. Al suo interno ci sarà – come è d’obbligo  in autunno – l’immancabile richiamo ai funghi e agli altri prodotti di stagione ma anche una serie di proposte che ci riporteranno indietro nel tempo, a quando i tagli a torto chiamati ‘non nobili’ erano i veri protagonisti delle nostre tavole di famiglia. “Andiamo avanti con il nostro progetto – chiosa Luigino Poli – nella consapevolezza che esiste tutto un mondo fatto di gusti, sapori, consistenze ed emozioni che vale la pena recuperare e scoprire, la cui complessità e ricchezza è quanto di più lontano ci possa essere dall’insipido sapore una triste bistecca”.

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